giovedì 26 ottobre 2017

"VIRAL" (2016) DI HENRY JOOST & ARIEL SCHULMAN

"Viral" è l'ultimo parto del filone cinematografico, sempre in voga, con a tema il contagio e vi si inserisce quatto quatto, senza grossi schiamazzi o acuti. 
In effetti, forse, ha la particolarità di creare una sorta di ibrido tra lo zombie-movie (e derivati) e il classico film basato sull'invasione aliena. Questo ceppo virale, su cui è incentrato il film, trasforma le persone in sorta di zombie/infetti, con tutti gli annessi e connessi, ma introduce un'interessante aspetto: il parassita, che si insinua nell'organismo ospitante, ha la capacità di pilotarne la mente, creando una sorta di connessione con gli altri infetti; un aspetto che rimanda ad alien-movie come "Moon" e "L'invasione degli Ultracorpi" (o il recente remake "Invasion"). 
Detto ciò, siamo palesemente di fronte a un prodotto di serie B, che non ha davvero nulla da aggiungere al genere e non avrà gioco facile ad essere ricordato; perciò si parla di intrattenimento puro, approssimabile ad un usa e getta, senza infamia e senza lode. 
Ciò, essenzialmente, è dovuto a uno script di poca qualità e alla mancanza totale di regia. 
Partendo dal primo non si può non evidenziare la stupidità dei dialoghi. C'è veramente da rimanere perplessi nel sentire i personaggi dialogare tra di loro usando spesso espressioni senza senso o fuori luogo. Basti citare lo scambio di battute tra le due sorelle protagoniste: Emma vede Stacey con un nuovo ragazzo e, alla richiesta di delucidazioni, si sente rispondere: "Sto cercando di integrarmi, dovresti farlo anche tu!". 
Il problema fondamentale è che nel film non succede nulla
Si adotta lo schema canonico: a) situazione di normalità/primi segnali del disastro; b) esplosione del contagio/normalizzazione; ma, c'è un ma, dopo una prima parte in linea con gli espedienti tipici del genere, da metà in poi il film si arena completamente e si concentra sulla relazione di fratellanza tra le due protagoniste. Protagoniste che sono tratteggiate discretamente, leggermente stereotipate ma, per un film di genere senza eccessive pretese, funzionano. 
Non si può dire la stessa cosa dei personaggi di contorno, che sono praticamente delle comparse, costruiti senza spessore né funzionalità alla storia. Senza spessore risulta essere anche l'intreccio narrativo, i cui passaggi sono spesso solo accennati: se mantenere il mistero sull'origine, gli effetti e le caratteristiche del parassita si rivela essere una scelta azzeccata, appare approssimativa la messa in scena dell'intervento dell'esercito e della conseguente quarantena. 
Si pretende di creare un clima generale di allarme tramite due o tre sequenze buttate li a casaccio ed espedienti, a volte, dozzinali e contraddittori. 
Il costante imperativo hollywoodiano di inserire sempre e comunque un intreccio amoroso si traduce poi, in questo caso, in una rappresentazione superficiale e sbrigativa ed a ciò non aiuta la regia, che a volte si sofferma quando non dovrebbe, creando dei siparietti imbarazzanti (vedi la scena in cui Emma si spoglia) ed altre volte taglia repentinamente a metà il patos di una sequenza, smorzandone l'intensità. E non risultano molto ispirate neanche le sequenze di azione e di tensione: attestandosi sulla prevedibilità e sulla svogliata messa in scena, non riescono a ricreare, nello spettatore, il necessario senso di minaccia, angoscia e ansia che ci si aspetterebbe in un film del genere. 
In conclusione "Viral" risulta essere un discreto prodotto di serie B da fruizione immediata, propone qualche pregevole sequenza ad effetto, coadiuvata da un discreto impianto tecnico e da un paio di idee interessanti, ma alla lunga si scioglie in una trama piatta, scontata e diretta in modo poco incisivo. 
Non rimarrà certamente negli annali, ma garantisce un'ora e mezza di intrattenimento timidamente accettabile.

Habemus Judicium:

Bob Harris

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