giovedì 22 marzo 2018

"CALIFORNICATION" DI TOM KAPINOS

Che David Duchovny potesse interpretare un personaggio opposto ad un impeccabile agente dell' FBI sembrava, francamente, impossibile. E, invece, vedi Hank Moody e realizzi che nessun'altro potrebbe impersonarlo.
In un parallelo tematico con un' altra serie di successo come "Nip/Tuck" emerge subito un denominatore comune: il tono scanzonato. Entrambe le serie affrontano la tematica sessuale con un piglio sbarazzino e pongono al centro della scena un playboy incallito: Hank da un lato, Doctor Troy dall'altro. Qui finiscono le similitudini e cominciano le differenze. "Nip/Tuck" cerca costantemente di esasperare il lato glam e un certo charme, "Californication" si pone esattamente come il suo protagonista: una serie indie, quasi mai pretenziosamente seriosa. Il dottor Troy e la sua crew, invece, spesso, si fanno portavoce di tematiche serie, con toni grevi, in un continuo saliscendi con il tono leggero di cui sopra. 
Se poi si vuole fare un ulteriore parallelo sul lato realismo, per quanto entrambe rappresentino situazioni estreme, irreali e illogiche, siamo sicuramente più portati a credere alle arti amatorie di Troy, rispetto a quelle di Moody. Già, perché è abbastanza logico che un chirurgo ricco, bello, sessuomane e con spiccata capacità seduttiva, riesca a portare in branda una partner, almeno, a episodio. Meno probabile nella realtà che un Moody dall'atteggiamento perennemente sommesso, rinunciatario e francamente passivo, possa ottenere tutti quegli assalti femminili (di altissima qualità) comodamente sdraiato su un divano (elemento ricorrente nella serie).
Focalizzandosi sull'argomento del post, "Californication", la serie di Showtime, ideata da Tom Kapinos, è un prodotto meritevole di essere seguito pazientemente, ma eventualmente anche in modo occasionale e discontinuo. 
Le sette stagioni lungo le quali si svolgono le vicende dello scrittore pigro e vizioso sono un'altalena di avvenimenti più o (soprattutto) meno emozionanti, quasi sempre stereotipati. Inutile pretendere da un prodotto che si avviluppi in un arco così esteso che la qualità si mantenga su un certo standard preciso. L'errore è di partenza, perciò non crediate, da oggi fino all'eternità, che una serie TV possa surrogare papà cinema.
Detto del prevedibile andamento ondivago, bisogna, tuttavia, riconoscere una coerenza di fondo che non viene praticamente mai meno. Innanzitutto, come detto, la serie mantiene un tono leggero e si concede pochi, dosati ed apprezzati, tocchi drammatici.
Poi, tra i mille colorati characters che affollano le varie stagioni, è chiaro fin da subito che Hank, Becca e Karen sono un triangolo imprescindibile, così come la purezza dei sentimenti di Hank per Karen; un rapporto questo, che viene costantemente ravvivato e accantonato con la facilità con cui si spegne e accende un interruttore. Ovviamente la banalità di questo asse non giova alla serie, così come la quantità di personaggi altamente tipizzati. Ciò detto, proprio per la monorotaia su cui essi corrono, risulta piacevole quando, occasionalmente, assistiamo ad una virata dei loro comportamenti che possiamo  considerare come un colpo di scena (valga per tutte l'uscita di scena del rapper interpretato da RZA nella quarta stagione).
Poi ogni tanto gli sceneggiatori tirano fuori dal cilindro il personaggio memorabile: è il caso di Lew Ashby, un character fascinoso e maledetto, ma che viene, inspiegabilmente, tagliato nell'arco di una stagione. Viceversa, in modo altrettanto inspiegabile, vengono trascinati allo sfinimento personaggi inutili e pedanti, come nel caso dell'attore Eddy Nero. È anarchia, insomma, ma non credo sia ricercata (più di tanto). Ad ogni modo ci piace. Anche questa è coerenza, in fondo. 
Il fatto è che, nonostante tutti i difetti classici di una serie tv americana, le situazioni che si vengono a creare sono davvero esilaranti e, per quanto prevedibili, divertono grazie alla messa in scena rock 'n' roll. Tutti sono molto rock'n'roll (e perciò era inevitabile dedicare al genere un'intera stagione), Hank Moody diventa terribilmente Rock'n'roll. 
Beh, peccato, perché aveva le potenzialità per essere qualcosa in più e non è sufficiente, ma anzi detrimente, affidare l'approfondimento della sua anima ad un patetico inseguimento sentimentale continuo, nei confronti della ex, noiosissima, moglie. 
La morale? Lui è un puttaniere, ma alla fine torna sempre da lei, che è seria seria. In verità ce ne frega un barbagianni e avremmo preferito, egoisticamente, che avesse prolungato ed approfondito la conoscenza di una delle tante squinzie che gli si buttano continuamente ai piedi.
E incongruenze/ buchi di sceneggiatura? Una montagna. 
Ma non ci mettiamo a elencare, anzi, ben vengano prodotti come "Californication", che, bypassando la pretenziosità e i complessi di inferiorità delle serie tv, e volando alla giusta quota, si ricavano una nicchia anche piuttosto consistente.

Habemus Judicium:
Bob Harris

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