giovedì 8 marzo 2018

L'ANGOLO DEL CULT #9: "PAURA E DELIRIO A LAS VEGAS" (1998) DI TERRY GILLIAM

«Ordina delle scarpe da golf, o non usciremo vivi da questo posto!» 

Un film che non s'ha da fare!
La sceneggiatura vaga per 12 anni di scrivania in scrivania senza trovare un produttore cinematografico intenzionato a spenderci i soldi. E come dargli torto, un plot senza capo né coda ispirato al romanzo semi-autobiografico di un giornalista sportivo, tale Hunter Stockton Thompson, cadenzato dal suo rapporto/passione per le droghe.
Un tipetto tutto particolare questo Hunter, l'inventore del cosiddetto gonzo journalism, uno stile di scrittura che fuoriesce dall'oggettività e mescola impressioni personali, sensazioni ed artifici narrativi. L'espressione del nuovo giornalismo che aveva mandato a farsi fottere lo sguardo neutro. D'altronde «non si può essere oggettivi su Nixon»...
Insomma il flop è dietro l'angolo, così come il rischio che qualche associazione puritana decida di impugnare i forconi in difesa della moralità nel cinema americano. 
Poi però le cose iniziano a girare.
Arriva qualche spiccio, non molti per gli standard Hollywoodiani; basti pensare che alcune delle canzoni scelte per la colonna sonora non verranno inserite nel film per mancanza di fondi.
La regia viene affidata ad Alex Cox, o almeno in un primo momento è così. Il regista ha numerosi litigi con la produzione e manda tutto in vacca. Parte la ricerca di un sostituto ed ecco che la sceneggiatura fa la sua comparsa sulla scrivania dell'ex Monthy Python, Terry Gilliam. L'idea lo stuzzica parecchio, ci sta giusto da fare qualche modifica per fare di questo "Paura e Delirio a Las Vegas" un road movie che corre lungo le strade del Nevada.
Anche trovare il protagonista giusto non è opera semplice, un toto-nomi lunghissimo che parte da Nicholson, passa per  Malkovich e porta dritto a John Cusack. E' lui il protagonist... ehm no, manco pe' niente. In questa storia nulla è definitivo.
Sbuca fuori Johnny Depp, ancora libero dal flagello dell'eyeliner, che nel frattempo ha conosciuto Thompson, divenendone amico. Johnny fa saltare il banco, è lui l'attore perfetto!
Johnny fa le cose per bene, frequenta Thompson per quattro mesi, assimilando gestualità, movenze e modo di parlare. Nel frattempo, leggenda vuole, Bill Murray, che già aveva interpretato ad inizio carriera il giornalista nel film "Where the Buffalo Roam" (mai distribuito in Italia), chiama Depp e lo mette sul chi va là: occhio a seguire quel tipo, o ti ritroverai tra 20 anni ancora invischiato con questo progetto da concludere. Ma Johnny è un tipetto coraggioso, bada poco alla cosa e tira dritto. 
Nel frattempo Thompson, che gode di una bella piazza in testa, diviene barbiere d'eccezione e rasa quella di Johnny; fa di più, gli presta molti dei suoi vestiti dell'epoca per farglieli utilizzare nel film e rendere il tutto più credibile. Non pago prende lo Squalo Rosso, la sua Chevrolet Impala del '71, e la mette a disposizione della produzione.
Tutto è pronto e ciak, il film viene presentato al Festival di Cannes del 1998 suscitando curiosità ed interesse tra i critici europei. Allora ne è valsa la pena, devono aver pensato Thompson e soci...
La trama del film è presto detta. Stati Uniti, 1971. Il giornalista Raoul Duke (Johnny Depp), ed il suo avvocato samoano, il Dr. Gonzo (Benicio Del Toro), si dirigono a Las Vegas a bordo di una cabriolet rossa. Il motivo è una gara motociclistica off-road, sulla quale Duke deve scrivere un pezzo per una rivista sportiva. Un breve soggiorno da allietare con un po' di ricercatezze messe nel portabagagli. Pochi minuti ed il viaggio da lavorativo si trasforma in lisergico.
Quello di "Paura e delirio" è un plot esilissimo, una commedia surreale e grottesca innervata da una buona dose di black humor. Un film che è tutto e niente allo stesso tempo, un mondo visionario che si declina attraverso luci, corpi che si deformano ed allucinazioni.
Così come accade per Mr. Gonzo e Duke, si rimane affascinati da un caleidoscopio colorato, sempre accompagnati dalla saggia guida della voce narrante che ci propina i suoi monologhi.
Velocissime, si alternano sequenze memorabili ed in un batter d'occhio si realizza che questa creatura l'avrebbe potuta portare in scena solamente Gilliam, capace di rubare quel modo nuovo di scrivere di Thompson e declinarlo nel mondo cinematografico.
Così come ci si rende conto di quanto Depp, libero di esprimere a pieno le sue doti camaleontiche, ed un perennemente disorientato Benicio Del Toro, siano gli attori giusti al posto giusto.
Tutto è proiettato ad affascinare ed a far smarrire lo spettatore, un'alta forma di intrattenimento completamente schizzato con cui mostrare i sogni infranti di un'intera generazione. Perché sullo sfondo rimane il '68 con la sua voglia di chiedere l'impossibile. Un'onda che si infranse sul sogno americano. Sulla società dei rapidi consumi. Sul Vietnam. Su quel Nixon, che un Duke strafatto ed inebetito, vede bucare lo schermo e danzare nella stanza. Una stagione che lasciava dietro di sé una scia di droghe, contraddizioni e profughi della generazione dell'amore.
E cosa ne fu invece di "Paura e delirio"?
Un clamoroso flop al botteghino, incassi che coprirono solo la metà dei costi.
Il tempo però si sa, è galantuomo e restituisce sempre...

Habemus Judicium:
Ismail

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