giovedì 15 marzo 2018

"QUELLO CHE NON SO DI LEI" (2017) DI ROMAN POLANSKI

Se stavate aspettando la rianimazione delle salme del duo De Niro e Pacino (mettiamoci pure Joe Pesci), in occasione dell'uscita di "The Irish Man", beh frenate l'impazienza e sostate alla fermata Polanski, che ci propone un'altra coppia da sogno, di ben diversa sostanza: le due donne più conturbanti dell'ultimo ventennio, Eva Green ed Emmanuelle Seigner, riunite nello stesso film, first time on the screen. 
Che poi non si sfrutti il potenziale magnetico di entrambe, ma una sola rivesta il ruolo del carnefice (anche se la Seigner non possiamo immaginarla mai vittima, se non di sé stessa puntini puntini) sicuramente smorza il potenziale. Manco poi si spinge sul pedale dell'intrigo (omo) erotico, se non in una meravigliosa inquadratura di un'eleganza suggestiva. 
Ma possiamo dire che Roman non è tipo da cedere facilmente a cliché, per di più se attualmente stra-abusati. Bene così. 
Delphyne (Emmanuelle Seigner) è una scrittrice che sta avendo un successo clamoroso con la pubblicazione del suo ultimo libro. Improvvisamente entra nella sua vita Elle (Eva Green), una donna affascinante che, morbosamente incuriosita dalla scrittrice, si insinuerà completamente nella sua vita. 
Se "Carnege" aveva 4 personaggi e "Venus in Furs" 2, con "Quello che non so di lei" Polanski rimane ancora una volta ancorato a un plot scarno, monopolizzato dai due personaggi femminili; la scelta registica di affidarsi a continui primi e addirittura primissimi piani, lo mette subito in chiaro. 
E ancora una volta l'affidare la riuscita del film agli attori si rivela vincente: detto della Seigner calata in un ruolo passivo ed efficacemente sofferto, la dominatrice assoluta della scena non poteva che essere quella strega ammaliante di Eva Green, condannata da anni al ruolo di personaggio weirdo, ma... dannazione! Ci va bene così e dobbiamo pure metterci la differenza. 
Con questo film il regista polacco torna, dopo decenni, alla specialità della casa: il thriller psicologico. E non poche similitudini sembrano affiorare in un confronto con opere somme quali "Repulsion"[LINK], "Rosemary's Baby" e "L'inquilino del terzo piano". Oltre all'oppressione e alla costrizione degli ambienti interni, luoghi di inquietudine e minaccia costante, torna qui, in primis, lo schema ciclico presente ne "L'inquilino del terzo piano"; ma, soprattutto, viene ripresa l'idea del doppio e della mistificazione mentale, spinta fino all'ossessione e alla follia. 
Per il resto Polanski riesce nuovamente, dai tempi de "L'uomo nell'ombra", a ricreare un thriller anche d'atmosfera, nell'atto finale del film ambientato nella campagna francese. C'è da dire che le due sequenze oniriche, che poi sono manciate di secondi, risultano, quantomeno, sovrabbondanti, per non dire stonate. 
A parte questo siamo di fronte ad uno dei maestri del genere, che sa giocare con i dettagli di ogni inquadratura, per creare una tensione sempre meno impercettibile e sempre più palpabile fino al climax finale. 
In conclusione "Quello che non so di lei" possiamo già definirlo un classico di Polanski, il quale, tornando alle origini, realizza un'opera che nulla aggiunge alla sua filmografia, ma che ci fa di nuovo assaporare il gusto di un piatto raffinato ed inconfondibile, di cui il nostro palato non potrà mai stancarsi. 
Godiamocelo perché 85 sono tanti, ahinoi.

Habemus Judicium:
Bob Harris

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