lunedì 23 aprile 2018

"A QUIET PLACE" (2018) DI JOHN KRASINSKI

Di buoni horror nelle sale non se ne vedono in questo periodo (che strano), perciò vale la pena virare sul thriller/dramma con qualche venatura horror, se ci si trova di fronte a un buon prodotto. E "A quiet place" lo è, in tutto il suo minimalismo e nella sua semplicità.
Solita trama da invasione aliena, di cui non si sa come e perché. Lo scenario è già quello del post-apocalittico e seguiamo le vicende di una famiglia alle prese con la sopravvivenza agli invasori, creature le cui fattezze ricordano vagamente delle locuste; esse sono cieche ma possiedono un udito incredibilmente sviluppato e sono, quindi, in grado di captare ogni rumore più forte del normale.
Attorno a questo espediente, pur di una semplicità disarmante, si costruisce una trama sì inesistente, ma il tutto risulta essere efficace. In fondo, niente di impensabile, considerando che è il tipico caso in cui la riuscita del prodotto è affidata alla regia. 
Regia che è abile nel costruire una tensione costante, dovuta alla quasi totale assenza di rumori, alternata a strappi improvvisi e adrenalinici. Detta così potrebbe sembrare facile, ma oltre alla maestria nel giocare bene con il crescendo emotivo, tramite un sapiente uso di inquadrature ed effetti sonori, risulta pregevole la gestione del silenzio assordante: mai come in questo film un rumore in sala o uno starnuto rischiano di rompere la quarta parete e distogliere l'attenzione dal film. 
Ma Krasinski è abile nell'usare alcuni trucchetti che riportino il film su binari più canonici e che garantiscano quella comunicabilità necessaria tanto ai personaggi quanto allo spettatore. Perciò il film si può spaccare in due tronconi: una prima parte fatta di silenzi e gesti "zen" ed esasperati al dettaglio, ed una seconda parte in cui l'azione prende il sopravvento ed in cui diventa difficile distinguere "A quiet place" da un film di Shyamalan. Proprio il regista indiano è dichiaratamente una delle fonti di ispirazione di Krasinski e, sicuramente, la costruzione di molti momenti del film ricordano "The village".
Non mancano le incongruenze e le semplificazioni ardite: premesso che, saggiamente, non viene mostrato il preambolo, non convince il modo in cui, infine, si trova il bandolo della matassa. E questo è catalogabile tra le semplificazioni. 
D'altro canto appare abbastanza ridicolo e frustrante riproporre anche qui alcuni schemi classici del thriller: posto che solitamente un assassino cerca la sua preda in ogni pertugio della casa di turno, non si capisce perché lo faccia un alieno-locusta cieco; più volte verso la fine del film vediamo una delle creature setacciare la casa alla ricerca della fonte del rumore, quando fino ad allora il film ci aveva mostrato come gli alieni vi si fiondassero una volta identificato, per poi ritrarsi immediatamente.
Altra incongruenza? Gli alieni possiedono una corazza indistruttibile e li vediamo sventrare un silos d'acciaio con una spintarella. Peccato, però, che al momento della colluttazione con i due bambini protagonisti, si intrattengano a scuotere la macchina in cui sono rinchiusi come manco il peggiore degli hooligans.
Ottimo il cast, chiamato a al difficile compito di trasmettere le emozioni dei personaggi, senza l'ausilio della parola per gran parte del film; Emily Blunt è molto convincente e sofferente ed anche lo stesso Krasinki, nella parte del marito, risulta credibile. 
In conclusione un film che, difetti a parte, gioca bene la sua carta ed è credibile nel rappresentare le dinamiche familiari. Sfruttando gli stilemi più riusciti del thriller, mantiene alta la suspense e coinvolge il giusto. Un bel tappabuchi primaverile.

Habemus Judicium:
Ismail

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