lunedì 7 maggio 2018

A TUTTO CORTO #3: "KUNG FURY" (2015) DI DAVID SANDBERG

«Con gli anni '80 avete rotto il cazzo/che poi hanno rotto il cazzo già dagli anni '80» canta Giancane nella sua "Limone"; e noialtri, che quotidianamente tocca sorbirci un ritorno stucchevole del peggior plasticume di quegli anni, non possiamo che stare dalla sua parte. Un male che non conosce confini, parte dalla musica che scimmiotta Stadio ed affini, passa per mode inguardabili e giunge nel cinema, dove, anche il padre-padrone di Hollywood, Steven Spielberg, si spinge a donare mal di testa agli spettatori con condensati nostalgici pensati per tutti i fans/nerd del globo terracqueo (ogni riferimento a "Ready Player One"[LINK]è puramente casuale).
Poi però in mezzo ad un mare di narrazioni tossiche e melmose sbuca fuori un progetto curioso tutto votato a quegli anni, un piccolo riquadro di tempo della durata di 31 minuti, in cui si condensa un delirio puro, frivolo ed intelligente, che gode di un'estetica esagerata, della musica sinthwave e della voce di David Hasselhoff.
Tutto comincia nel lontano 2013, attraverso una campagna di crowdfunding sulla piattaforma Kickstarter. Viene pubblicato un trailer e nel giro di neanche 24 ore si raggiunge l'obiettivo dei 200000 mila dollari. Passa un mese e si arriva a 630000 $, cifra di tutto rispetto per chi si vuole divertire in uno studiolo armato di green screen. Dietro a tutto ciò c'è una sola persona (più una manciata di attori), David Sandberg, che assume nello stesso tempo le vesti di scrittore, regista e, udite udite, protagonista. Due anni di duro lavoro, in cui far quadrare i conti e dar vita ad un prodotto di buona fattura.
La storia? Una sconclusionata magnificenza della quale meno si parla è meglio è; si rovinerebbero gli esilaranti spunti creativi disseminati in lungo e largo da Sandberg.
Miami, 1985. Un detective viene colpito da un fulmine e morso da un cobra, ha un trip da arti marziali e scopre di essere il prescelto; diviene l'abominevole uomo del kung fu, un concentrato di poteri sovrannaturali che userà per contrastare i criminali della città. Nel frattempo un malvagio baffuto del quale quasi più nessuno ricorda le gesta (Hitler), grazie ad un viaggio nel tempo, giunge nel presente e fa stragi di persone. Al prescelto non resta che viaggiare a sua volta nel tempo, andare nel passato e fermare il temibile Fuhrer.
Pochi dialoghi e tutti azzeccati, cadenzati da battute rapide e taglienti (pensiamo ai due nazisti tarantinati), e tanta, tantissima azione.
"Kung Fury" è una mezz'ora di pieno spasso in cui si frullano gli stereotipi dell'action movie e dello sci-fi anni '80 e primi '90; il protagonista è il perfetto cliché dell'eroe: una voce bassa alla Stallone, un taciturno dalla battuta pronta che si lancia in continue mosse marziali esaltate dagli effetti speciali; dominano le ambientazioni notturne e tenebrose pervasa da bande colorate e sui generis; la resa grafica da Vhs, quei maledetti nastri magnetici che si rovinavano inesorabilmente; ed ancora inserti simil-spot pubblicitario made in U.S.A. E' puro citazionismo maledettamente ironico, un'omaggio ad un periodo dominato da un'estetica inconsistente, un viaggio (equilibrato) nel nonsense e nel patinato con cui prendere in giro la riscoperta di quegli anni.
In breve tempo il mediometraggio è diventato virale, una vagonata di visualizzazioni guadagnate in uno schiocco di dita; tutte meritatissime, va detto. Ed al successo di pubblico si è aggiunta una prestigiosa proiezione al Festival di Cannes.
In queste settimane è in lavorazione una versione cinematografica, una grande produzione che godrà dei nome di Micheal Fassbender, Arnold Schwarzenegger (nei panni del Presidente degli Stati Uniti) e del solito Hasselhoff. E' difficile immaginare come potrà essere. La speranza è che si riuscirà nell'ardua impresa di mantenere lo spirito anarchico e fuori di testa incontrato qui.

Habemus Judicium:
Ismail

Nessun commento:

Posta un commento