giovedì 3 maggio 2018

CLAUDIO CALIGARI, L'OUTSIDER DEL CINEMA ITALIANO (PARTE II):"L'ODORE DELLA NOTTE" (1998)

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«La periferia che dà l'assalto al centro, questa era la cosa che mi interessava. Aveva una valenza politica che, tra virgolette, potevo condividere» 
-Claudio Caligari- 

Tranquillo Claudio, dopo "Amore Tossico"[LINK] puoi fare quello che ti pare, quando ti pare. O almeno così gli dissero dopo i successi al Lido e di critica. Dovettero trascorrere 15 anni prima di ritrovare un suo film al cinema.
Nel mentre tante sceneggiatura scritte ma nessuna che va in porto. E' il caso di "Dio non c'è alla sanità", script, commissionato dalla Rai, e poi scartato, incentrato sulla figura di un prete anti-camorra. Nei primi anni '90 è la volta di "Effetto Elisa", la storia di una Dark Lady che si innamora di uno spacciatore, ruolo affidato ad un certo Harvey Keitel. Il progetto si arena sul più bello, un attimo prima prima dell'apertura del set, a causa del ritiro della casa di produzione.Il motivo? Non si può finanziare un film così, è troppo poco rassicurante e così distante dalla linea editoriale.
Il regista di Arona non demorde. Negli anni dell'amore tossico, tra il 1978 ed il 1983, la Roma bene viene sconvolta da oltre 700 rapine commesse da una banda di periferia. Un fatto che passa via senza cogliere la sua attenzione. Poi Caligari si ritrova tra le mani un romanzo del giornalista Dido Sacchettoni, "Le notti dell'arancia meccanica", che ne racconta le gesta. Si innamora della storia, è quella giusta per un nuovo film.
Si mette a lavoro. Scrive il soggetto, la sceneggiatura, e racimola, con molte difficoltà, i fondi necessari per girare il film. Arriviamo al 1998 e Caligari, accompagnato da Valerio Mastrandrea e da due attori allora semi-sconosciuti (Marco Giallini e Giorgio Tirabassi), sbarca a Venezia per presentare fuori concorso il suo secondo lungometraggio:"L'odore della Notte".
Il protagonista di questa storia è Remo Guerra (Mastrandrea), uno che la sconfitta ce l'ha scritta in faccia; di giorno è un poliziotto della mobile, di notte è il capo di una banda di rapinatori che terrorizza l'alta borghesia. E nell'oscurità si segue sempre lo stesso copione: si cercano le vittime adatte, si inseguono e, quando il momento diviene propizio, giunge l'aggressione. L'obiettivo è il bottino certo, ma questo non è tutto. L'attività di Remo è una personale ed autodistruttiva lotta di classe.
"L'odore della notte" è un film controcorrente.
Lo si percepisce già guardando la sola copertina e leggendosi due righe di trama; è il ritorno al genere, una ventata d'aria fresca per il nostro imbolsito panorama cinematografico.
Lo si capisce dall'intro brechtiano.
Vediamo Remo in scena, seduto sul sedile passeggeri di un auto, e la sua voce off, pomposa, retorica ed incolta, ci introduce nella storia. Nel mentre, in una breve inquadratura su sfondo nero, compare Giallini che si esprime con un laconico «se rischia». Si ritorna in auto e Giallini con Tirabassi prendono le distanze dai loro personaggi, si limitano a raccontarli, guardano in macchina e squarciano il velo della finzione scenica. Tra i più affascinanti e stranianti incipit del nostro cinema, l'annuncio di un noir fuori dagli schemi che gioca ottimamente sull'equilibrio tra azione e riflessione.
Nel corso della visione si sente fortissima l'influenza del Bresson di "Diario di un ladro" (Titolo originale: "Pickpocket"). Così come l'autore francese, Caligari predilige uno sguardo asciutto e libero da moralismi, dove il delitto e la violenza diventano una dipendenza, un modo di essere attraverso cui colmare un'emarginazione sociale e psicologica. E le influenze si percepiscono anche nella voce narrante, un dubbioso e straniante interrogarsi che accompagna tutta la visione ed assurge a ruolo di protagonista. Ed oltre a Bresson, c'è il "Taxi Driver" di Scorzese, più volte omaggiato e citato.
Ma non pensate di trovarvi dinnanzi ad un prodotto derivativo che scimmiotta pellicole d'oltre confine e strizza l'occhio allo spettatore. Remo non recita una parte, mostra le sue debolezze ed è immerso in un contesto proprio ed autentico. E nel corso d'opera Caligari non si risparmia nell'inquadrare perfidamente il perbenismo della classe dominante, uno sguardo che troverà il suo apice nel sotto-finale politico della rapina a casa dell'onorevole democristiano.
"L'odore della notte" è un film brutale e tagliente che oscilla tra fiction e realtà, un'opera capace di coniugare una visione pop e divertita (si pensi alla scena di Little Tony) a sequenze quanto mai intense (la pistola puntata sulla tv dei varietà, il ferimento di Remo ed il finale), un percorso vorticoso che interiorizza la tensione e ci conduce, con sapienza, alla deflagrazione definitiva [Continua...].

Ismail

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