giovedì 19 ottobre 2017

"BONE TOMAHAWK" (2015) DI S. CRAIG ZAHLER

« Il dolore è il modo in cui ti parla il corpo. Faresti bene ad ascoltarlo »
-Sceriffo Franklin Hunt-

Allora allora...Ultimamente mi è capitato di incrociare diverse volte il titolo di un film western abbastanza recente e di cui si parlava discretamente (bene): "Bone Tomahawk". Ho voluto dargli un'occhiata e mi sono avventurato nelle sue 2 ore e 15 minuti circa, un po' timoroso della durata.
Parto col giudizio proprio dalla durata del film, che non è poi così eccessiva e tutto sommato ha uno scorrimento fluido. Ciò è possibile perché, nonostante per più di un'ora non succeda nulla di eclatante sullo schermo, si viene immersi pienamente in una realtà storica e nelle sue dinamiche in modo piuttosto realistico ed intuitivo.
Il western quale genere cinematografico stilizzato per eccellenza, assunto a mitologia, negli ultimi anni ha vissuto una piccola rinascita improntata al realismo tipico del cinema più recente, Tarantino escluso ovviamente. E "Bone Tomahawk" si inscrive in questa tendenza, almeno in parte.
Già, perché alla fin fine stiamo parlando di un film horror o a tinte horror, che richiama alla memoria i cannibal movies italiani (un esempio su tutti "Cannibal Holocaust" [LINK] di Deodato) o il più recente "The Green Inferno". Difettando, per ovvie ragioni di collocazione storica, la critica al postmodernismo, rispetto a questi modelli, riprende il tema del cannibalismo e della violenza tribale/ rituale, cruda ed asciutta nelle sue forme, verosimile nel suo scenario.
Ma "Bone Tomahawk" non indugia sul sensazionalismo, le scene più splatter sono sempre mostrate da un angolatura parziale, mai troppo esposte allo sguardo diretto dello spettatore.
La sobrietà nella messa in scena non fa che aumentare la crudezza delle sequenze, per il semplice e collaudato principio del vedo e non vedo, quel gap di svolgimento occultato coperto dalla fantasia dello spettatore, la quale ha l'effetto di amplificare l'orrore a cui si assiste. Concetto che, ad esempio, risulta totalmente estraneo al cinema gore sopracitato, improntato sulla piena exploitation, che, specie negli ultimi anni, ha portato ad un suo totale inflazionamento.
Si diceva della trama statica e dei personaggi lineari. Pur volendo ammettere che non ce ne può fregare più di tanto della ricostruzione puntuale di un'epoca storica, partiamo sempre dal presupposto che stiamo assistendo ad un Western e nei Western i personaggi cavalcano nelle immense praterie, chiacchierano, stanno in silenzio e mangiano attorno ad un fuoco, raccontandosi aneddoti di storia vissuta. Il binomio spazi dilatati/tempi dilatati si ripropone anche qui.
"Bone Tomahawk" rinuncia a nutrire lo spettatore di pane e azione e tesse lentamente la sua tela: ma proprio per questo le esplosioni improvvise di violenza hanno un forte impatto, pur nella loro (già ricordata) rappresentazione asciutta. Mentre dal terzo atto in poi il film assume ritmi serrati e incalzanti, in un climax crescente verso un finale degno di essere ricordato.
E questo è un grandissimo risultato per un Western 3.0.

Habemus Judicium:

Bob Harris

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