lunedì 16 aprile 2018

"READY PLAYER ONE" (2018) DI STEVEN SPIELBERG

Pippe. Pippe dappertutto. 
Masturbazioni virtuali per palati nerd/cinefili/gamers/giappofili/bimbominkiologi e nostalgici.
A sto giro caro Spielberg hai esagerato davvero. Ci hai affascinato creando nuovi mondi e portandoci in isole lontane e (forse) mai esistite. Ci hai proiettati in futuri cyberpunk e ci hai fatto immaginare lo spazio con gli occhi di un bambino. Quanti mostri, quante creature entrate nell'immaginario, ma anche un sapiente uso di una regia sobria e quadrata, al servizio della storia con la S maiuscola.
Hai vinto due Oscar per la regia, ma facciamo che sono tutti tuoi da almeno 30 anni, perché Oscar sei tu, perché sono i tuoi piedini ad essere sbaciucchiati da chi vuole ambire alla statuetta, basta ricordare, ultimo in ordine di tempo, Guillermo Del Toro. Eppure eri partito rifondando la mecca del cinema, eri uno dei ragazzacci della New Hollywood. Ti ricordi quando con due penny giravi "Duel" e "Lo Squalo"? Tanto tempo fa in una galassia lont... Vabbè non aggiungiamo altre pippette a quelle che dobbiamo commentare.
Allora ok, siamo ancora nell'ondata revival 80's e, francamente, si stanno iniziando a spulciare i testicoli anche i più aficionados tra i nostalgici. Però ok ok tocca ancora a Steven, last but not least.
Siamo in un futuro (2045) in cui tutti sono flippati con la realtà virtuale (olleè) e passano le giornate a gozzovigliare su Oasis, una sorta di Second Life del futuro.
Praticamente il creatore di questo mondo virtuale, James Halliday, un nerd patologicamente introverso, muore, ma prima decide di disperdere tre chiavi all'interno di Oasis. Colui che le troverà, dopo aver superato alcune prove, diventerà l'unico proprietario del mondo virtuale.
Un giovane di nome Wade Watts tenterà di compiere l'impresa.
Prendi "Tron Legacy", copia e incolla la trama (ma impoverendola ulteriormente) e, nel mezzo, ficcaci un bel frullatone di icone del cinema, dei videogiochi, ecc. Praticamente appaiono quasi tutti, e per tutti intendo tutti. Già vero perché nella realtà virtuale puoi metterci chi vuoi no? Finalmente una trovata pensata per tutti i fans/nerd del mondo. Vuoi vedere un chestbuster di Alien uscire direttamente dal petto di Goro di Mortal Kombat? Voilà! Mecha Gozilla versus Gundam? Freddy Krueger?
Ma fin qui roba da dilettanti. Il capolavoro di Spielberg è quando si prende la libertà di stuprare "Shining". Non rompessero i testicoli quelli che la menano dicendo: "È un gustoso omaggio al film! Siete i soliti ottusi ai quali non si possono toccare certi mostri sacri!". Il problema è che la trovata di rivivere "Shining" non è minimamente funzionale al film, è solo un pretesto per sfruttare l'ambientazione del classico Kubrickiano e garantire il box office, presumibilmente assaltato anche dai fans del celebre horror. 
Questa operazione di citazionismo trasversale significa barare bassamente (controcitazione): se togli la parte di rimandi vari cosa resta? La storia ovviamente è la più scontata e sbiadita che mai: il ragazzotto sfigato che, dopo mille peripezie, trova amici nuovi, la figa, il successo e sconfigge il cattivone di turno, ovviamente seguendo una rigida morale buonista
Da un blockbuster non si pretende tanto il cosa, perché una produzione del genere nasce per riempire le sale, ma il come, ossia che ci si sforzi di essere originali o, quantomeno, di non abusare, sempre in dosi più massicce, di certi espedienti. 
Che poi qui manca persino quella componente ironica che salva il fondello a certe produzioni melense ma paraculette; sul punto si veda "The Shape of Water"[LINK] Del Toro. Tecnicamente c'è un personaggio che vorrebbe farci ridere parlandoci dei suoi acciacchi fisici, ma qualsivoglia tempismo comico è spazzato via dal ritmo ipercinetico e ipernauseante delle millemila scene d'azione tra boom, crash, sbam! Ecc ecc.
Il risultato è che si esce dalla sala con il mal di testa, provati fisicamente da un'ingiustificata dose di effetti speciali e di scene d'azione titaniche. Se poi si aggiunge il fatto che, ad un continuo esplodere e sgretolarsi degli scenari, si mischia quell'orgia sconclusionata di icone fantasy e scifi, davvero non si capisce più niente.
Un film che non soddisfa neanche la voglia più viscerale di lasciarsi trasportare dalla visione; invece che appagare i sensi, li martella per più di due ore, senza alcuna motivazione.
Spielberg in passato ha saputo essere innovativo come pochi e rimarrà una leggenda del cinema, ma, purtroppo,  nel cavalcare l'onda e nel ricercare solo il consenso del pubblico, scivola sulla buccia di banana di un opera derivativa e posticcia.

Habemus Judicium:
Bob Harris

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