giovedì 21 dicembre 2017

"LA CHIMERA" (1990) DI SEBASTIANO VASSALLI

« Non erano gente malvagia, né sanguinaria. Al contrario, erano tutti brava gente: la stessa brava gente laboriosa che nel nostro secolo ventesimo affolla gli stadi, guarda la televisione, va a votare, e, se c'è da fare giustizia sommaria di qualcuno, la fa senza bruciarlo, ma la fa, perché quel rito è antico come il mondo e durerà finché ci sarà il mondo».

Il lavoro nei campi di riso era il peggio del peggio.
Ore ed ore con la schiena curva, le gambe ammollo, un'afa insostenibile e nuvole di zanzare tutte intorno.
I risaroli scendevano dalle loro montagne in primavera, dei miserabili spesso messi in catene e sottoposti alla rigida sorveglianza di coloro che erano andati a reclutarli nei villaggi.
Per quel lavoro dovevano firmare un contratto con cui perdevano volontariamente la loro libertà, una schiavitù temporanea ma completa dalla quale era preclusa ogni possibilità di fuga; se ci avessero provato,  c'era la presenza ingombrante dei Fratelli di Cristo, sempre vigili e pronti a recuperarli.
Immagini che nulla ci dicono rispetto alla storia narrata, ma che molto ci fa capire dell'opera dinnanzi alla quale ci si trova: un romanzo storico, che fa riemergere dal passato volti, figure ed eventi, tutte chiavi con cui interpretare un presente confuso e caotico.
"La Chimera", un curioso titolo che si riferisce al granitico osservatore della valle, il monte Rosa, fu l'opera che consacrò Vassalli portandolo alla finale del Premio Campiello ed alla conquista dello Strega.
Scorrono le prime pagine e veniamo catapultati nel 1590 a Zardino, paesino del novarese cancellato della storia, dove, in una fredda notte di gennaio, fa la sua comparsa Antonia, una neonata dai capelli nero corvino, lasciata nella ruota degli esposti della Casa di Cura di San Michele.
Allevata ed educata con metodi rigorosi dalle suore del Convento, all'età di dieci anni vede arrivare una simpatica coppia con in dote il gran sedere della dama e tanti deliziosi biscottini. Sono i Nidasio, i quali, a scapito delle prassi del tempo, decidono di adottare lei, una bimba: Antonia può finalmente uscire da lì e vivere il mondo.
Cresce, si fa bellissima ed intraprendente, una giovinetta con il coraggio di esprimere le proprie idee e di prendersi la briga di rifiutare la mano dei tanti spasimanti; ma, e c'è sempre un ma, che futuro potrà mai avere in un paesino pieno di orribili comari pronte a dire la loro su ogni cosa?
Vassalli prende a pretesto la storia di Antonia e ci propone, attraverso una scrittura piena e corposa,  che accudisce il lettore, uno sguardo sul secolo dell'intolleranza, fatto di fascine, untori e streghe.
Nelle righe del libro tornano a vivere il vescovo di Novara Bascapè, il cardinale Borromeo, la Santissima Inquisizione con i suoi metodi persuasivi di indagine, il Caccetta (un Don Rodrigo storico), la gente delle risaie, i pittori di edicole, i preti di campagna. Si respira il clima politico, sociale e religioso dell'Italia della Controriforma, fatta di francesi e spagnoli che si contendono i territori nel completo disinteresse dei popoli, e di Papi ed altri prelati che seguono i loro interessi dietro una croce,  che cela e protegge ogni cosa.
Si è al cospetto di un'opera rigorosa, una sorta di Promessi sposi 2.0, che si protende lungo trame storiche ricchissime; un romanzo denso che, nonostante le anticipazioni di trama e le molte digressioni che potranno limitare il pathos e l'empatia ad alcuni, riuscirà ad avvolgere ed appassionare tutti gli amanti del genere.

Habemus Judicium:
Ismail

2 commenti:

  1. Me lo diede come compito la professoressa di italiano delle superiori e lo trovai noioso...tante digressioni e la sensazione che non finisse mai. Forse rileggendolo oggi la mia opinione potrebbe essere diversa.

    Simone

    RispondiElimina
  2. Ciao Simone e benvenuto in questo spazio della blogosfera!
    La lettura forzata. a volte, può causare danni. Il mio pensiero va a "Q" che venne dato come compito dalla mia prof del liceo. Lo comprai e mi ritrovai dinnanzi ad un mattone di oltre 500 pagine e né io né i miei amici avevamo voglia di leggerlo.
    L'escamotage fu dividersi le pagine in 6/7, non questa idea brillante visto che il protagonista cambia identità numerose volte; insomma non ci capimmo una mazza.
    Lo ripresi poi l'estate successiva, un'Epifania, un libro che ho adorato ed adoro, e che mi sono spinto a consigliare in lungo e largo.
    Una seconda lettura te la consiglio e, forse,"La Chimera" rientra tra quei romanzi che possono essere apprezzati più in un'età matura.
    Le digressioni, come scritto nella recensione, possono far diminuire pathos ed empatia, ma dall'altro lato sono un valore aggiunto incredibile (basti pensare all'excursus sul sorbetto all'amarena), veri e propri picchi letterari.
    Alla prossima!

    Ismail

    RispondiElimina